Infertilità
Lo psicologo clinico: quando e perché entra in gioco
La Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), l’abbiamo detto tante volte – ed è un po’il fil rouge di queste pagine virtuali – non è un percorso lineare. Quando si arriva, peraltro, a decidere di affidarsi alla Medicina per avere un bimbo, si è già reduci da momenti difficili, in cui l’amore, per così dire, non è bastato.
Di questo delicato tema, abbiamo parlato con la professoressa Elena Vegni, professore ordinario di Psicologia Clinica presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano e direttore UOC di psicologia clinica, ASST Santi Paolo e Carlo.
Non è semplice. Consideriamo che giocano molti fattori. Spesso l’elemento più significativo è la percezione del fallimento, che rischia di minare la fiducia nella coppia e alimentare la rabbia, la frustrazione e il senso di colpa. Non è per forza così, ma è possibile che si attivino dinamiche che, in termini tecnici, sono disfunzionali all’interno della coppia.
In aggiunta a questa fatica nella relazione, a volte un ruolo aggiuntivo di stresso lo gioca l’aspettativa sociale. In pratica, da un lato, la famiglia o gli amici che chiedono “quando arriva il bimbo?”, e dall’altro l’incapacità, talvolta, di socializzare da parte della coppia con le persone di sempre che, magari, si presentano con il pancione o con i propri figli. Siamo esseri che, per natura, hanno bisogno di contatti umani, il rischio di isolarsi è concreto.
Ricordiamo anche che se è vero che c’è sempre un primo incontro in PMA, poi il cammino può essere costellato da prime volte: la prima in quel centro ma la terza o quarta della coppia. La coppia arriva così al centro in cui comincia il percorso già provata, reduce da un “Doctor shopping”, ovvero da una sorta di pellegrinaggio da un Centro all’altro in cerca di risonanza della relazione di coppia e del successo della tecnica. Allo stesso tempo è animata da uno spiccato senso del “fare” e non del “pensare”. Ha già riflettuto tanto e deciso di arrivare incominciare un percorso di riproduzione assistita. Dir loro di rimettersi a considerare da un punto di vista psicologico taluni aspetti non è semplice.
Prima di ogni cosa, deve essere rispettata la capacità della coppia di “misurarsi” con alcune fatiche emotive che sono connesse al percorso, e non si può pensare che le persone affrontino questo momento essendo imperturbabili e impermeabili alle emozioni. Iniziare un percorso di Pma non significa per forza avere bisogno di una “stampella”, di un consulto psicologico. L’essere umano, per sua natura, è in generale attrezzato per far fronte a problemi anche importanti, quali le malattie. Dunque, salvo dove non ci sia un esplicito bisogno di aiuto, il supporto viene consigliato dallo specialista nell’ambito strutturale del percorso di Pma e spesso non al primo ciclo. Quando? Quando la naturale forza umana fa fatica ad adattarsi al fallimento. Non c’è patologizzazione delle difficoltà emotive della coppia o del singolo: semplicemente, posto l’obiettivo – ovvero concepire -, si fa il possibile per conseguirlo e se lo specialista ritiene che il supporto dello psicologo sia funzionale, lo propone come parte dle percorso di cura dell’infertilità. Non perché la coppia è ‘patologica’ ma perché il percorso clinico ne può trarre un vantaggio
Esistono alcuni campanelli d’allarme. Facciamo degli esempi pratici: piangere ed essere ansiosi è normale, piangere a dirotto e avere crisi di panico sovente non è sano né per l’individuo, né utile ai fini del successo della procedura. Sussistono poi elementi intrusivi – per esempio la partner femminile che si presenta da sola o con la mamma, per fare un esempio – che meritano un’attenzione particolare.
E senza pensare a situazioni come quelle appena descritte, il tema della performance è sempre sotteso. Soprattutto per il soggetto maschile che spesso è in difficoltà quando sa che in un determinato giorno, in una determinata ora deve produrre il seme.
Non esiste un tempo. La necessità del nostro intervento non è standardizzabile. Magari bastano poche sedute, a volte anche una solamente. Siamo a nostra volta versatili e resilienti, quello che auspichiamo per i nostri pazienti, capaci di entrare e uscire senza far rumore, ma sempre disponibili quando la coppia o il singolo sentono davvero di far troppa fatica da soli.
Possiamo dire che la psicologia clinica è il macro contenitore di tutte quelle correnti di prevenzione, valutazione e sostegno psicologico che da Freud in poi si sono formate. Il padre della psicoanalisi resta sempre lui, è chiaro. Ma dopo di lui ci sono state tantissime correnti di pensiero applicate alla clinica: pensiamo a Jung e tanti altri ancora che hanno elaborato approcci diversi.
L’intervento clinico in psicologia clinica riguarda la psicopatologia e più in generale le difficoltà o fragilità psicologiche nella vita, il suo trattamento e quindi le finalità terapeutiche o determinati obiettivi, come, nel nostro caso la procreazione.